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La pace prima che traguardo, è cammino


Si è ormai conclusa questa settima edizione del Campus della Pace.

Occorre tempo per sedimentare ed eventualmente passare al vaglio critico del cuore e della mente l'immenso tesoro conquistato in questi giorni dai nostri giovani e da tanti altri di diverse provenienze attraverso il dialogo e l'ascolto.

La sfida era quella di risvegliare in loro la voglia di costruire oggi un mondo migliore, come veti e propri artigiani di pace.

Ci siamo congedati venerdì sera premiando in modo simbolico tre progetti o gesti di pace che i giovani stessi in questi giorni ci hanno raccontato: l'impegno dell'associazione bosniaca "L'educazione costruisce la Bosnia ed Erzegovina - Jovan Divjak" che offre borse di studio a giovani bisognosi dell'intero Paese, indipendentemente dall'etnia e dalla religione, differenza che ancora oggi soffoca ogni possibile sviluppo in quel Paese.

Abbiamo valorizzato anche la geniale idea di una festa organizzata in un liceo parigino fra giovani della banlieu e giovani del centro grazie alla quale è stato abbassato, almeno per una sera, il muro di separazione sociale che divide quella città e infine la scelta di oltre 130 volontari che ad Oulx, in Alta Val Di Susa, non hanno voltato le spalle ai migranti che si trovano lì nel tentativo di valicare il Monginevro per dare futuro ai loro sogni in Francia o in Germania ma li assistono con cura e ogni sorta di attenzione.

La pace è possibile se viene scelta ogni giorno; se si decide di dare vita a piccoli gesti che disarmano immediatamente pregiudizi, violenza, rancori e indifferenza.

E come per ogni cammino, anche per la pace, è necessario il coraggio di compiere il primo passo e poi...la strada verrà incontro!

"A dire il vero non siamo molto abituati a

legare il termine pace a concetti dinamici. Raramente sentiamo dire: "Quell'uomo si affatica in pace", "lotta in pace", "strappa la vita coi denti in pace"...

Più consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le espressioni: "Sta seduto in pace", "sta leggendo in pace", "medita in pace" e, ovviamente, "riposa in pace".


La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia da camera che lo zaino del viandante. Più il comfort del salotto che i pericoli della strada. Più il caminetto che l'officina brulicante di problemi. Più il silenzio del deserto che il traffico della metropoli. Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato. Più il mistero della notte che i rumori del meriggio.

Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.

La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale "vita pacifica".

Sì, la pace prima che traguardo, è cammino. E, per giunta, cammino in salita. Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste.

Se è così, occorrono attese pazienti. E sarà beato, perché operatore di pace, non chi pretende di trovarsi all'arrivo senza essere mai partito, ma chi parte.

Col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista, anche se mai - su questa terra s'intende - pienamente raggiunta".

(Don Tonino Bello)



Don Giovanni

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