Questa pagina è segnata da un fremito di tenerezza.
Raramente cerchiamo nei Vangeli l'impronta dei sentimenti, dei moti del cuore. Più spesso ci rivolgiamo ai messaggi, ai contenuti dottrinali. Eppure i Vangeli registrano anche i giorni e le emozioni vissute da Gesù con i suoi amici. Così infatti ha chiamato i suoi discepoli. Insieme hanno camminato, riposato, consumato i pasti insieme per alcuni anni. Ora è il tempo della separazione e, avvertendo il vuoto che la fine della sua presenza in mezzo a loro spalancherà, Gesù rassicura: Non vi lascerò orfani, verrà un altro Paraclito che stia con voi per sempre.
Queste parole, segnate dalla fatica di un distacco, sono dette ai discepoli ma valgono anche per noi. Non siamo orfani, con noi per sempre sarà un altro Paraclito, un altro dopo Gesù chiamato a stare accanto, vicino, con noi. Non sarà una presenza fisica, tangibile; non sarà come avere accanto Gesù che magari dorme nella barca agitata dalla burrasca, o piange davanti alla tomba di Lazzaro, o chiede compagnia e vicinanza l'ultima sera della sua vita. Non sarà una presenza che le mani stringono e gli occhi scrutano, eppure sarà con noi sempre, dimorerà, rimarrà con noi. Dove e come riconoscere questa presenza rassicurante?
Due i luoghi decisivi di questa presenza. Il primo è il cuore. Con questo termine la Scrittura sacra non indica tanto la dimensione affettiva della persona quanto l'interiorità, noi diremmo la coscienza. È in questo spazio interiore che ognuno di noi esercita la sua libertà, compie le scelte. È nella coscienza che risuona la voce di Dio ed è dalla coscienza che scaturisce la preghiera. Qui lo Spirito parla. Quanti uomini e donne ne hanno ascoltato la voce e hanno compiuto scelte coraggiose, spesso anticonformiste e controcorrente, arrivando in qualche caso anche al sacrificio della vita. E non sempre e non solo per una scelta di fede. Quanti servitori dello Stato: seguendo la voce della coscienza hanno lavorato consapevoli di rischiare la loro vita. E come loro quanti altri docili alla voce della coscienza piuttosto che al calcolo dell'interesse. Grazie a loro non dobbiamo vergognarci di appartenere alla specie umana. Essere docili allo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù, significa ascoltare la coscienza e agire secondo la sua voce.
Ma vi è un secondo luogo dove lo Spirito si manifesta ed è indicato dalle prime due letture di questa domenica. Questo secondo luogo è la comunità, sono i legami che uniscono le persone. Lo Spirito è un grande fattore di comprensione reciproca, di dialogo. Il miracolo di Pentecoste è quello della comunicazione tra genti che le diversità separano, è la capacità di comprendersi pur nella varietà dei linguaggi. Là dove si abbattono barriere e si gettano ponti lì opera lo Spirito. Ugualmente dove i propri talenti, le proprie risorse sono messe a servizio del bene comune lì opera lo Spirito. Così afferma Paolo nella seconda lettura. Inafferrabile lo Spirito, come vento che non possiamo stringere nelle mani, eppure quanto è presente e decisivo questo Spirito nella nostra coscienza che sceglie nella libertà, anche compiendo, se necessario, obiezione di coscienza. Quanto è presente ogni volta che guardiamo l'altro non come un estraneo da temere ma come compagno e amico dei nostri giorni.
Giuseppe Grampa
PENTECOSTE
At 2, 1-11
1Cor 12, 1-11
Gv 14, 5-20
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