La prima parola che Dio, il Creatore, pronuncia è "Sia la luce. E la luce fu. E Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattino: primo giorno" (Gen 1,3). Il primo gesto creatore è stato quello che ha dissipato le tenebre, l'oscurità, il caos primordiale e ha portato la luce, principio dell'intera creazione. E l'ultima pagina della Scrittura sacra è di nuovo nel segno della luce: "La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello" (Ap21,23). Possiamo allora dire che l'intera storia dell'umanità sta tra la luce del primo mattino del mondo e la luce dell'ultimo giorno, quando la luce che è Dio stesso illuminerà l'intera umanità. Possiamo dire che la storia umana è storia di luce. Non si dice forse, con espressione significativa, che nascere è venire alla luce, mentre il morire è entrare nell'oscurità? Per questo, secondo la Scrittura sacra l'intero cammino della vita è un andare rischiarati dalla lampada che è la parola del Signore: "Lampada ai miei passi la tua parola e luce al mio cammino"(Sal 118,105). Non sorprende allora che Gesù si presenti a noi come luce. Quante volte questo simbolo ritorna nelle pagine evangeliche. In particolare il quarto evangelo, dal quale appunto è tratto il testo odierno, fin dalla prima pagina presenta Gesù come luce: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). E poi ancora nel dialogo notturno con Nicodemo Gesù afferma: "La luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce" (Gv 3,19) . E ancora: "Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12)."Finchè sono nel mondo sono la luce del mondo" (Gv 9,5). E nell'evangelo di oggi: "Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre" (12,46). Ma che cosa significa questo simbolo della luce? Notiamo anzitutto: Gesù non dice: tra le molte e belle luci che brillano nel mondo ci sono anch'io. No, con una affermazione perentoria e impegnativa afferma d'essere la luce del mondo. E rafforza questa pretesa esclusiva aggiungendo: "Chi segue me non cammina nelle tenebre". Privi di questa luce che è Gesù siamo inesorabilmente nelle tenebre, ovvero siamo nella condizione di non poter vedere dove mettiamo i piedi, siamo disorientati. Anche questa parola è significativa. Diciamo: siamo disorientati, ovvero confusi, incerti, non so da che parte andare perché mi manca l'orientamento. Non so dove è l'oriente, là dove sorge il sole e da dove viene la luce. In altre parole: se non ci apriamo a questa luce, a questo sole che sorge siamo inesorabilmente nelle tenebre, nell'oscurità e quindi disorientati. Credere in Gesù è aprirci a questa luce. Vorrei sostare un momento su questa espressione: credere in Gesù. L'evangelista Giovanni non adopera tanto il termine fede, aver fede, quanto piuttosto il verbo credere. Vuole così sottolineare il dinamismo, il movimento che porta verso, anzi dentro la persona di Gesù. Un breve testo del Concilio così descrive l'atto del credere in Gesù: "A Dio che si rivela è dovuta l'obbedienza della fede con la quale l'uomo si abbandona tutt'intero e liberamente". Mi colpisce questo verbo 'abbandonarsi' per descrivere il credere. Credere in Gesù è abbandonarsi con tutta la nostra persona e in piena libertà a lui. Credere in… vuol dire abbandonarsi a, quasi il movimento di chi si abbandona nelle braccia affidabili di un amico, di una persona amata. Quante volte si sente dire: Non ho la fede, ho perduto la fede, beato te che hai la fede….quasi si trattasse di una cosa, di un oggetto che si può smarrire. Se invece dico: credo in te, mi fido di te e quindi mi affido a te, mi abbandono a te, riconosco una presenza così affidabile da abbandonarmi nelle tue braccia. Questo è il volto di Dio.
Giuseppe Grampa
V DOMENICA DOPO PENTECOSTE Gen 17, 1b-16
Rm 4, 3-12
Gv 12, 35-50
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