Nei giorni dei saluti alle suore e ai preti che cambiano destinazione, suor Maria Angela ci consegna alcune riflessioni.
Provo a condividere qualcosa, con semplicità, di questo tempo vissuto a Gratosoglio. Sono arrivata 8 anni fa, catapultata nel sud di Milano dalla Brianza che avevo per diversi anni abitato. Nonostante la poca distanza geografica, approdavo in un ‘ambiente’ completamente diverso. Gratosoglio non era la Brianza.
E poi c’erano le attese, le mie e quelle di chi mi accoglieva e, in modi diversi, emergeva la fatica a lasciare le sicurezze reciproche… una sorta di braccio di ferro. Col passare del tempo, la nuova storia si fa ’casa’: una reciproca appartenenza che non è sempre rose e fiori, perché ci sono anche le resistenze, le distanze, le chiusure, le fatiche e sono richiesti smussamenti, riconciliazioni, aggiustamenti… e, come spesso accade, la storia, anche nello scontro, racconta di un incontro che lascia un segno reciproco.
Se dovessi scegliere una Parola di Dio per dire questi anni…
Prendo, per cominciare, la prima dal Libro dell’Esodo, là dove si racconta la vicenda di Mosè.
Mosè quando arriva in Egitto è piccolo e impotente, tutto è così diverso dal posto in cui è nato. Mosè si lascia prendere e custodire da chi dovrebbe dargli la morte. Letteralmente si consegna. Più che altro è preso, perché di suo non fa niente per mettersi nelle mani dell’Egitto, ne è letteralmente incapace, piccolo com’è, anzi…magari frigna anche. Di fatto anche la sicurezza umana costruita nella forma della cesta non sarebbe bastata all’infinito. Mosè cresce ‘uomo di Dio’ proprio stando in ciò che, per lui, ha apparenze di morte.
Ancora: Mosè si porta dietro un po’ della sua storia (la sorella e la mamma nutrice) che si integra con quella nuova con la quale entra in un dialogo discreto in quelle dimensioni che la storia nuova non avrebbe potuto assicurare di suo: c’è uno scambio reciproco.
E tutto grazie a quel Dio che è buono e presente nella storia che accade, anche nei risvolti incomprensibili.
La seconda Parola che sento rileggere questi anni, la prendo dal vangelo di Giovanni: “Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete” e ancora “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”.
Per Gesù la volontà del buon Dio è nutriente, dà forza, fa superare la stanchezza, dà gusto. Un gesuita biblista, spiegando questo brano, diceva che per Gesù la volontà di Dio è il meglio che il Padre buono mette a sua disposizione. Non ha bisogno d’altro. I discepoli, noi suoi discepoli dobbiamo ricevere continuamente il dono di questa certezza.
Il ‘cibo’ (la vita che accade) a Gratosoglio non è stato sempre appetibile, digeribile e mi è mancato qualche ‘sapore’ che avrei gustato volentieri. Pian piano, però, ho imparato ad assaporare i gusti nuovi e a sentirmene nutrita.
Ricordo che in una condivisione con le famiglie, all’inizio di un anno pastorale al don Gnocchi, dicevo di comprendere che quell’USCIRE che tanto piace a Papa Francesco non è necessariamente andare chissà dove ma STARE e adorare la volontà di Dio nel mistero pasquale di ogni giorno.
In questo senso Gratosoglio, per me, è stato un allenamento ad ‘ospitare’ il mistero del Dio diverso da noi che ci porta spesso là dove non immagineremmo di andare e a risperimentare un Dio buono che in modi impensati mi viene incontro e mi sorprende, perché mi vuole bene e non smette di prendersi cura di me.
L’annuncio della chiusura della nostra comunità (e del cambio di don Alfredo e don Mauro), provvidenzial-mente, è stato dato nel clima del vangelo del buon pastore.
Ha scatenato una serie di reazioni. La vita che ci viene incontro ci fa ‘risuonare’… dispiacere, rabbia, affetto, paura, senso di abbandono, riconoscenza, incom-prensione, dubbi, domande… ciascuno, a modo suo, dà voce a ciò che si muove nel proprio cuore.
Sto provando ad ascoltare e ad accompagnare ciascu-no a rileggere un tempo sicuramente particolare per tutti, anche per noi suore (perché anche le suore hanno le medesime domande di tutti, anche le suore hanno le loro paure, dispiaceri ecc. ecc.). E ho provato a rileggerlo a partire dalla vita, certo, ma illuminata da una Parola che, non a caso, ci veniva offerta: “Io sono il buon pastore”… e noi parte della sua cura, della sua attenzione che mai ci molla, proprio mai. Sto provando a riposizionarmi lì, a riposizionare lì coloro con cui entro in dialogo, per riacchiappare insieme la giusta prospettiva in cui appoggiare le domande, i dubbi, le paure, le perplessità perfino gli affetti, perché mi sembrava questa la priorità rispetto alle pur giuste preoccupazioni di riorganizzare un domani diverso… qui o là che sia.
In questo tempo, nei diversi incontri del quotidiano, mi è parso che qualcuno si concentrasse solo sul proprio bisogno e non allargasse anche a noi la possibilità di averne. Per questo sto provando anche a raccontare la nostra vita di suore nelle sue dimensioni fondamentali e nel nostro bisogno. Sì, anche le suore hanno i loro bisogni, il bisogno ad esempio di una vita comune che fa parte della nostra forma di vita e che non riesce più a trovare risorse di rigenerazione non essendoci possibilità di cambi o di nuovi inserimenti.
E poi?
È tempo di consegnare… le strade che sono divenute familiari, i volti della quotidianità di questi anni, le collaborazioni godute, la stima scambiata, le amicizie costruite, le fatiche sperimentate, le distanze conosciute…
È tempo di consegnare anche la forza dei distacchi, le preoccupazioni, le rabbie, i risentimenti e le paure raccolte in questi mesi insieme a tanto ma proprio tanto affetto.
È tempo di consegnarci nelle mani di un Dio che, come la nostra fondatrice santa Bartolomea Capitanio ci ricorda nei suoi scritti spirituali, “ci ama da Padre” e continua ad essere “presente e operante nella nostra storia”.
Confido che il cuore del buon Dio, il buon pastore, abbia preparato qualcosa di bello per ciascuno. E si sa che Lui fa le cose ‘da Dio’.
Al Padre buono affido chi va e chi resta e, grata a Dio per la bellezza di questi anni, imploro per ciascuno la grazia di rimanere nel gusto di Dio. Chiediamo insieme alle suore che hanno conosciuto e tanto amato questo quartiere e ora vivono la comunione dei santi in paradiso, di intercedere per questa porzione di chiesa. E a chi rimane… non resta che raccogliere il testimone di tanta storia di carità scritta proprio nelle strade e nelle case di questo quartiere. Grazie perché in tanti lo state già facendo.
Suor Maria Angela
…………E NOI CHE RESTIAMO…
Parlo in prima persona perché chi mi leggerà ed avrà la pazienza di leggermi sino alla fine, dissentirà sovente ed alcune volte si sentirà irritato.
I cambiamenti all’interno della Comunità Cristiana con l’avvicendamento di persone, sacerdoti e suore, sono una opportunità di cambiamento per me e come tale incide sulla carne e può generare dolore: sono parte del “cambiamento d’epoca” come indica Papa Francesco. Gli interventi dei sacerdoti attraverso le omelie domenicali e momenti di formazione/educazione specifica, le relazioni di prossimità delle suore oltre all’accompagnamento nella catechesi dei piccoli e degli adulti, sono aspetti fondativi e affascinanti ,per la mia persona ora, che mi indicano uno sguardo aperto e curioso sulla realtà del Gratosoglio, dell'Italia, dell'Euro…
Io ho un grazie immenso che mi risuona dentro e che non ho esternato per timidezza. Non so chi ha deciso questo vostro trasferimento e perché, e ne sono profondamente dispiaciuta perché i vostri sorrisi mi hanno riavvicinata alla parola di Dio e senza di voi non sarà più come prima. Vi abbraccio e porterò sempre nel cuore.