«Siate popolo di speranza, dite Gesù»

Un incoraggiamento a essere un popolo unito e a continuare a offrire Gesù come unica Parola affidabile per gli abitanti del nostro quartiere è venuto dalla tappa della Visita Pastorale dell’Arcivescovo Mario di domenica 20 marzo alle nostre parrocchie.
L’incontro con gli organismi parrocchiali

Anzitutto mons. Delpini ha incontrato alcuni rappresentanti della comunità che hanno raccontato questo momento della vita pastorale che è strettamente legato al vissuto del quartiere.
Facendo riferimento alla pandemia è stato raccolto l’invito a riscoprire l’essenziale che deve connotare la vita della comunità cristiana coniugandolo dentro le caratteristiche del nostro territorio. Fragilità, diversità, spiritualità e bisogno di aggregazione: sono le parole attorno alle quali è stata descritta la nostra realtà in particolare legata alla dimensione educativa che è la questione decisiva per il futuro delle nostre famiglie.
Proprio per questo i membri del Consiglio dell’Oratorio hanno offerto all’Arcivescovo l’indicazione del percorso seguito in questi anni per la formulazione del progetto educativo.
L’incontro è stato anche occasione per dire le difficoltà che la pandemia ha reso ancora più grandi sul tema della gestione economica delle strutture e delle attività parrocchiali, con particolare riferimento alla realtà di Maria Madre.
Da quest’ultimo tema è partito l’Arcivescovo insieme col vicario per la città mons. Carlo Azzimonti, descrivendo alcune forme di sostegno che sono allo studio in diocesi con una attenzione a ripensare anche l’utilizzo di ambienti e strutture “sostenibile” e anche messe “a reddito” per poter finanziare le attività più essenziali.
Si è poi riferito al malessere degli adolescenti, l’emergenza educativa:
«ci chiediamo come facciamo a insegnare ai ragazzi a scegliere il bene ed evitare il male».
La nostra missione di credenti è tener viva la speranza e la possibilità di una vita buona, pur non avendo ricette pronte. La generazione adulta, poi, deve offrire ai ragazzi sufficienti buone ragioni per diventare adulti, perché «alla fine, la risposta cristiana è nella testimonianza ».
Quanto alle due comunità e alle loro differenze, ha invitato a scommettere su percorsi che le portino a convergere,
«non così specifici, ma così unitari da poter dire che quella che abita a San Barnaba o a Maria Madre è la stessa Chiesa».
La Liturgia della Parola a Maria Madre

La Liturgia della Parola celebrata nella chiesa di Maria Madre, è stata preceduta dalla presentazione di alcune voci di “Chiesa dalle Genti” e di segni di possibilità oltre le fragilità. Michelle, filippina, non si è arresa di fronte a difficoltà come quella di essere forzatamente separata da suo marito, a cui si è poi ricongiunta insieme ai loro due figli. Dora, da El Salvador, si era inizialmente stabilita a Baggio, dove aveva conosciuto don Vittorio Ventura (già parroco a San Barnaba) e le Missionarie della Carità di santa Teresa di Calcutta, che le hanno mostrato come
«Dio ci manda le persone giuste al momento giusto».
Khadija, invece, è una delle mamme che frequentano l’oratorio a motivo dei propri figli e che sono state coinvolte in laboratori e momenti multietnici, ad esempio in occasione del Campus della Pace. Infine Eleonora del gruppo di Fede e Luce, realtà che supera i nostri confini parrocchiali, ha offerto la testimonianza delle famiglie di persone disabili e consegnato all’Arcivescovo una lettera di una comunità di Fede e Luce ucraina.
L’inaugurazione dell’Oratorio San Barnaba

Mons. Delpini si è poi diretto al nuovo oratorio e centro parrocchiale di San Barnaba, per benedire gli ambienti e chi li frequenta e frequenterà. Si è trattenuto per qualche momento con un gruppo dei nostri ragazzi e adolescenti, quindi ha incontrato le squadre di calcio impegnate, in quello stesso momento, in una partita sul campo sintetico.
A Maria Madre aveva affermato che l’oratorio
«non è la soluzione ai problemi del quartiere, ma una specie di luce che dice che in questa situazione, col contributo della comunità educante, è possibile la proposta di un nuovo umanesimo».
Esso ha lo scopo
«di aiutare ciascuno a trovare la propria vocazione, a prendere decisioni per la propria vita. Non è un parcheggio più sicuro rispetto al parchetto, ma ha una proposta educativa, cioè che noi ci realizziamo se realizziamo la nostra vocazione».
La Messa a San Barnaba

Nell'omelia della Messa, concelebrata anche da mons. Azzimonti e da don Paolo Steffano, parroco dei SS. Pietro e Paolo ai Tre Ronchetti, l’Arcivescovo ha avuto l’opportunità per far confluire il frutto dell’ascolto e degli incontri avuti durante l’intero pomeriggio.
Come già durante la Liturgia della Parola a Maria Madre, ha esordito ricordando come essa costituisca il modo con cui il Vescovo si rende presente in modo visibile nelle comunità. La sua cura è normalmente rappresentata dai sacerdoti e dai consacrati, ma quell’occasione gli serve per far capire ai fedeli che tiene a loro. Per tale ragione, quindi, li ha esortati a ricordare di essere parte di una Chiesa più grande: quella diocesana, con cui devono tessere rapporti, e quella universale, di cui è guida ora papa Francesco.
Il Vangelo della domenica “di Abramo” è stato commentato a partire da tre parole. La prima è verità, parola che suona fastidiosa in un mondo dove il bene e il male sono decisi dal singolo, che fa le sue scelte senza che nessuno gli faccia delle osservazioni. La verità di Gesù emerge anche nei capitoli finali dell’evangelista Giovanni, quando, di fronte a Pilato, dichiara di essere venuto nel mondo «per dare testimonianza alla verità» (Gv 18, 37). Ma la verità cristiana non è un’ideologia, non è un sistema di regole da osservare:
«la verità cristiana è Gesù, la strada che porta alla vita è Gesù».
Noi siamo quindi incaricati di dire che per sperare, per vivere, per amare, Lui è insostituibile.
La seconda parola è vita eterna: i giudei che avversano Gesù, infatti, contestano la sua affermazione per cui «Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno» (Gv 8, 50). Mentre la mentalità corrente porta a pensare che con la morte finisce tutto, anzi, si finisce nel nulla, Gesù invece dice: «Voi siete chiamati alla vita di Dio». Perciò,
«anche in un contesto depresso e rassegnato, continuiamo a seminare speranza, perché chi crede in Gesù non muore, ma risorge con Lui».
La terza parola è libertà: la libertà che propone Gesù non è un arbitrio, ma una liberazione, cioè il modo con cui Dio ci libera dal peccato e ci rende capaci di scegliere il bene, di prendere decisioni definitive, vivendo quindi la nostra vocazione. Queste tre parole, però, non sono altro che una: il nome stesso di Gesù.
I tre segni della Visita
Sia a Maria Madre che a San Barnaba, l’Arcivescovo ha lasciato i tre segni che, in tutte le parrocchie, ricordano il suo passaggio e gli impegni che le comunità si sono assunte.

Il primo è la preghiera per le vocazioni, rappresentato da una lampada rossa: ogni volta che si terranno momenti per pregare con questa intenzione, dovrà ardere con la sua fiamma vivace, per invitare i ragazzi e i giovani a non essere lampade spente e a rispondere, dedicandosi a tempo pieno, a ciò per cui Dio li chiama. Il secondo è la Regola di Vita per i nonni, che non devono mai pensare di non servire più a nulla. Il terzo, immateriale ma non per questo meno duraturo, è la benedizione del Signore.
A questi segni si sono aggiunti altri piccoli doni per alcune categorie di fedeli: la lettera agli animatori musicali delle celebrazioni, riservata ai membri dei nostri cori; l’ultimo numero di Fiaccolina, rivista a cura del Seminario di Milano, per i chierichetti; la “preghiera del giovedì”, che abitualmente mons. Delpini consegna ai ragazzi che incontra nelle sue visite.
Emilia Flocchini