top of page

Questo per voi il segno…



C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fa-sce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».

Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.


Carissimi, le parole dell’angelo ai pastori (Lc 1,8-16) finalmente rispondono alla domanda che ci ha accompagnato lungo questo Avvento (Quale sarà il segno?).

Lungo le sei settimane che conducono al Natale abbiamo tutti cercato di tenere nella mente e nel cuore questo interrogativo. L’abbiamo fatto ciascuno nelle situazioni di vita a cui il Signore ci ha chiamato, in un tempo ancora appesantito dalla pandemia. Giorni ancora più incerti e bisognosi di segni che sostengono la speranza.

Questo per voi il segno: un neonato in una mangiatoia.

Già lo sappiamo: è segno che sbalordisce gli “intelligenti” ma conquista i “piccoli”, è mistero così luminoso da re-starne accecati, è Parola così chiara da restare ammuto-liti, soprattutto è tenerezza infinita che riscalda il cuore.



Dopo Maria e Giuseppe i pastori sono stai i primi a vedere Dio negli occhi e in Gesù bambino gli occhi di Dio.

Occhi imprevedibili… come sempre sono gli occhi dei bambini. Vispi o spenti… Ci puoi leggere la gioia o la paura, il sorriso o le lacrime, la luce della vita o le ombre di morte. Quali occhi possiamo guarda-re con più attenzione?

Nei giorni scorsi papa Francesco ha invitato a volgere il nostro sguardo agli occhi dei bambini dei profughi che vivono in condizioni durissime alle porte dell’Europa.

“Ripeto che davanti alla storia, davanti ai volti di chi emigra, non possiamo tacere, non possiamo girarci dall’altra parte. A Cipro, come a Lesbo, ho potuto guardare negli occhi questa sofferenza: per favore, guardiamo negli oc-chi gli scartati che incontriamo, lasciamoci provocare dai visi dei bambini, figli di migranti disperati. Lasciamoci scavare dentro dalla loro sofferenza per reagire alla nostra indifferenza; guardiamo i loro volti, per risvegliarci dal sonno dell’abitudine!” (Angelus dell’8.12.21)

E ci sono anche gli occhi dei nostri bambini, dei nostri ra-gazzi e giovani. A loro ci ha chiesto di dare maggiore attenzione il nostro arcivescovo, quando nel discorso di s.Ambrogio ha raccomandato la “gentilezza della conversazione che trasmette la persuasione che la vita è una vocazione, non un enigma incomprensibile, che il futuro è promessa e responsabilità, non una minaccia, che ciascuno, così com’è, è adatto alla vita, è all’altezza delle sfi-de, è degno di essere amato e capace di amare. Bisogna offrire ai giovani buone ragioni per diventare adulti”.

Auguro a tutti la grazia di guardare negli occhi del Bambino dei nostri bambini (piccoli o grandi): ringraziamo, chiediamo perdono, invochiamo grazie e rinnoviamo la decisione di educare partendo da noi stessi. Buon Natale!


don Alfredo

28 visualizzazioni0 commenti
bottom of page