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Il mondo dove Lui mi lascia per esservi con me

Nel Vangelo di questa domenica ricorre per ben 11 volte la parola "mondo" in più accezioni, spesso contrapposta a Gesù o ai discepoli: eppure non vi leggo mai una dicotomia, quanto piuttosto una dialettica.

In altre parole, i discepoli, come Gesù, non sono altro dal mondo, perché il Vangelo non aliena; noi siamo chiamati ad una diversità di stile, ad una logica alternativa ma con un atteggiamento critico e allo stesso tempo costruttivo e avvincente.

Ad esempio non possiamo assecondare quello che Pasolini definiva "il fascismo della società consumistica" che omologa per poi distruggere l'individualitá di ciascuno di noi; non possiamo riconciliarci con una "cultura dello scarto" che più volte Papa Francesco denuncia perché mercifica noi stessi e i più poveri.

Non possiamo sempre chinare il capo o censurare il pensiero in nome del politicamente corretto dimenticandoci della nostra vocazione profetica: l'abuso di potere, l'esasperazione dei diritti individuali, la marginalizzazione dei poveri deve restare sempre inaccettabile. Questa è dialettica.

Eppure i cristiani sanno di essere stati gettati in un tempo e in uno spazio precisi e che in questi dobbiamo incarnarci alla maniera del Figlio facendo dono di noi stessi, in memoria sua, spezzandoci come il Pane in pura perdita di noi stessi. Per meno di questo c'è una dicotomia svilente.

Scriveva Madeleine Delbrêl: "Il mondo dove Lui mi lascia per esservi con me

non può impedirmi di essere con Dio;

come un bimbo portato sulle braccia della madre non è meno con lei per il fatto che lei cammina tra la folla."

Abitare il mondo alla maniera dei figli di Dio, abbandonati alla sua Provvidenza: Gesù prega proprio perché possiamo essere custoditi nel nome del Padre.


Don Giovanni

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